Un monologo da non perdere

Un’Ave Maria e un pezzo di pane 29 maggio, ore 21.15, al Teatro Oratorio Don Bosco, Nizza Monferrato (AT)

Torino 1883. Don Bosco, stanco e logorato dalla fatica ma ancora determinato a seguire il suo “sogno”, ha sullo scrittoio la lettera di Papa Leone XIII che… gli chiede aiuto per un’ennesima sfida. Di fronte a quella lettera, riflette a lungo e rivede la sua vita: dagli anni della povertà e della gioia ai Becchi di Castelnuovo d’Asti, a quelli dell’avventura torinese, fonte di gravi preoccupazioni ma anche di allegria e immenso coraggio; fino alla consapevolezza che la “visione” dei nove anni (che un poco lo aveva spaventato), si è realizzata, espandendosi nel mondo.
Nel suo ricordare (e raccontare), non è solo: gli tengono compagnia la musica della sua Banda, i tanti amici incontrati negli anni e anche coloro che in vari modi cercarono di fermare il suo cammin​o.
Soprattutto, vive e presenti più che mai, le sue “due mamme”: la Signora splendente come il sole vista nel sogno, e Margherita, la saggia contadina che seppe capire e indirizzare quel bambino vispo (e anche un poco monello), verso la realizzazione di uno straordinario Progetto Divino.

L’attore Renzo Arato è ex allievo dell’Istituto Salesiano “Bernardi Semeria” del Colle Don Bosco. Proprio alla Scuola del Santo, è nata la sua passione per il Teatro, che lo ha portato ad intraprendere poi la professione.
E’ stato allievo di Giorgio Strehler ed è interprete di Recitals tratti da Dante Alighieri, Alfieri, Testori, Pavese, Merini, Pasolini, Garcia Lorca, Brecht, ecc., proposti in tournées di successo in tutta Europa.
Ha interpretato, tra l’altro, San Massimiliano Kolbe in una Fiction per la Televisione tedesca, e propone da anni lo spettacolo “Vangelo di Marco”. E’ tra gli interpreti di opere di Zanussi e Pupi Avati. Già nel 1988 ha portato Don Bosco in Teatro con la pièce “Il viaggio”.

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Come nasce questo spettacolo
«Non è stata una facile operazione, elaborare questo testo. Nello scrivere (e riscrivere…), vi sono stati momenti di sconforto. Mi dicevo: come si fa a imprigionare un gigante come Don Bosco in un’ora circa di spettacolo? Ho voluto evitare l’agiografia; non volevo, e non sarebbe stato giusto neanche per lui, farne un santino… Ecc. Il titolo, credo sintetizzi bene la Missione di questo Santo: dare a molti giovani in difficoltà un aiuto concreto per portarli alla realizzazione di loro stessi anche spiritualmente.
Mi pare, ora, di aver fatto una cosa buona. Sarà il pubblico a stabilirlo!
Ho esitato molto ad accettare questo impegno, ma mi sono detto che a Don Bosco glie lo dovevo. Infatti è “colpa sua” se faccio questo difficile mestiere. Se avessi fatto le Medie al mio paese, mai avrei fatto l’attore!
Invece, al Colle Don Bosco ho incontrato dei Salesiani che mi hanno fatto innamorare del palcoscenico. Mi ci hanno messo sopra e non ci sono più sceso!
Non posso giudicare io, se questo sia stato un bene o no, per il pubblico… Per me un sogno realizzato!
Anche la locandina scelta per questo spettacolo, è in qualche modo… profetica. Infatti la “storica” foto mi ritrae bambino, abbracciato al monumento al Santo (che ora si trova all’ingresso della Basilica e allora presso la Casetta) e fu la controcopertina del Calendario Salesiano che aveva in copertina Giovanni XXIII. Mai avrei immaginato che un giorno lo avrei impersonato!
A Don Bosco e ai Salesiani, devo tutto. Quando sulla mia famiglia si abbattè la tragedia della morte di mio padre, mi offrirono un lavoro che permise a me, studente di Recitazione a Torino, la sopravvivenza.
Ecco perché sono qui con questo omaggio ad un grande astigiano/italiano.
Questo spettacolo significa, inoltre, un ritorno a casa, dopo tanta Europa (e un po’ di Usa). Mi impegnerà in Italia, unitamente al Recital su Pasolini (Milano, zona Expo, luglio 2015) e allo spettacolo sulla Grande Guerra, per tutto il prossimo anno, inserito com’è, nelle Celebrazioni del Bicentenario della Nascita del Santo.»

Renzo Arato

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